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[​In principio, nel buio, prima del sonno, è la paura, la magica incontrollabile paura del Diavolo che aleggia sulla giovinezza, il Diavolo bestemmiato dalle nostre vecchie come Anticristo, Bestia, Ciapìn, l’acchiappa-anime che visita i tuoi sogni, bambino, che si intrufola nel tuo ozio, pinìn, che perlustra gli angoli morti della tua fragile fortezza, stèla, e quindi sta’ lontano dal Diavolo, e bestemmialo, Satana, tienilo a mente, tienilo a cuore, che se il principio è buono il resto è buono, dicevano le vecchie nella veglia e nel sonno, e noi nottetempo o splendido giorno non volevamo crederci, ma elettrizzavamo la nostra vigilanza, divorando nostro malgrado storie di santi e madonne oppure accatastando pacchi di riso, scatole di salsa, plateaux di tonno per poveri cristi che se ne stavano crepare di fame a Gulu, Uganda, come se tutto quell’ammonticchiare fosse la nostra muraglia contro le incursioni di Belzebù, e poi ancora abbarbicandoci ai capitoli successivi della dottrina delle vecchie, costellata di esorcisti alle prese con legioni di porci indemoniati e di brucia-stròlighe, e via, quindi, sempre fate attenzione, tesori nostro sangue, dicevano le vecchie, che il diavolo pa come polli in un sacco, e il loro malvagio principio è la loro terribile fine di guaiti e latrati.
Questo è stato, e noi della ghenga eravamo perennemente alle prese con la lista dei nostri peccati scritta su foglietti​ da raccontare nel chiuso di un confessionale oppure perennemente in fuga, sparviero o guardia-e-ladri, bazzicando come rabdomanti per i boschi prealpini della nostra terra, che​ noi pomposament​e chiamavamo La Contea, in sella alle nostre bmx, battendo sentieri di pittoreschi maniaci che si masturbavano davanti a Caballero, di tossici coi buchi nel gelo di gennaio, di bestiali camporelle addosso a castagni muschiosi.
Noi eravamo in fuga​].
Il romanzo di Riccardo Ielmini, “Spettri Diavoli Cristi Noi”, in libreria per i tipi (o meglio, tipacci della Neo Edizioni ❤ ) è un’opera insolita nel quotidiano editoriale fatto di autofiction, romanzi a tema, storie di padri e madri, saghe familiari e compagnia bella.
Si muove tra la narrazione realistica e una dimensione simbolica densa di riferimenti storici e letterari.
Ambientato in un paese sulle rive di un lago ai piedi di una montagna, Ielmini ci trasporta in un microcosmo permeato da un senso di mistero e inquietudine, dove il paesaggio stesso diventa protagonista incarnando le tensioni interiori dei personaggi (tra i tanti resteranno nella mia memoria il “Gigante dei traslochi” e “Artù il muto”) e l’eredità di antiche credenze.
Al centro di tutto c’è un gruppo di amici, la “Confraternita”, il cui percorso attraversa i decenni, dall’infanzia all’età adulta, svelando le contraddizioni, le colpe e i tormenti che li accompagneranno per tutta la vita.
[La Confraternita, unita da un legame indissolubile, si addentrava nei meandri della paura, cercando risposte a domande che non avevano voce].
Questo aspetto richiama il romanzo di formazione, ma con un’impronta decisamente cupa, direi quasi gotica, che si rifà a un certo realismo magico europeo e autori importanti (a me sono venuti in mente Dino Buzzati – per la capacità di fondere il quotidiano con l’inquietudine e William Faulkner – per la costruzione di un universo chiuso, soffocante, dove il passato sembra non voler lasciare scampo. E per certi versi lo stesso Stephen King).
Uno dei temi più potenti tracciati dal romanzo è la presenza del male che non è mai un concetto astratto ma si incarna nelle scelte dei personaggi, nelle leggende locali e in un passato che ritorna sotto forma di spettri (reali o metaforici).
Ielmini (che di professione è Dirigente Scolastico e che ha al suo attivo altre pubblicazione) approda a casa Neo Edizioni come vincitore del Premio Nazionale di Narrativa indetto dalla stessa casa editrice e qualche settimana fa è stato proposto al Premio Strega 2025 da Michele Dalai.
Consiglierei (e lo sto già facendo) “Spettri Diavoli Cristi Noi” ai lettori che si è soliti definire “forti”, quei lettori che “ancora amano leggere per il semplice gusto di farlo” cit. di Biasella che lo ha consigliato caldamente alla sottoscritta, poiché colpisce per la sua capacità di esplorare le ombre dell’animo umano senza mai fornire risposte facili (e qui, lo sappiamo, ci sguazzo beatamente).
È una lettura che lascia il segno, adatta a chi ama le storie profonde, abbastanza inquietanti e ricche di riferimenti culturali.
[La volta di questa storia, che è la volta che marchiò a fuoco tutto il resto, noi eravamo in fuga].

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